Dior attraverso 
gli scatti di 
Peter Lindbergh

LA GALERIE DIOR CELEBRA UNO DEI PIÙ GRANDI FOTOGRAFI DEL SUO TEMPO, PETER LINDBERGH. UN’ESPOSIZIONE SENZA PRECEDENTI METTE IN SCENA PIÙ DI CENTO SUE FOTOGRAFIE,TRA CUI MOLTISSIMI SCATTI INEDITI. TOUR GUIDATO DI MARIE ÉPINEUIL.

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Entrando nella Galerie Dior, volgete il vostro sguardo verso sinistra. Una fotografia vi accoglie e riassume in un’immagine la formidabile retrospettiva dedicata a Peter Lindbergh (1944-2019) e alla sua collaborazione unica con la Maison: si tratta della modella Alek Wek, mentre indossa l’emblematica giacca Bar disegnata da Christian Dior per la sfilata haute couture primavera-estate 1947, immortalata in un grazioso movimento sullo sfondo di un yellow cab per le strade di New York, durante uno shooting storico realizzato per Dior nel 2018.

Attraverso la magia di un’immagine, tutto è lì, tutto si coniuga in un vertiginoso effetto specchio: il genio di Christian Dior davanti all’obiettivo di uno dei fotografi più affascinanti; la vita, e anche la verità, che improvvisamente abita un capo iconico – il simbolo del New Look – dalla modernità sorprendente. Più che di moda, si tratta di femminilità e più in generale del posto occupato dalle donne nella società, una ricerca cara al cuore di Dior quanto a quello di Maria Grazia Chiuri, Direttrice Artistica delle linee donna dal 2016.

1 Concepita con il sostegno della Peter Lindbergh Foundation.

“IL MIO SOGGETTO PREFERI TO SONO LE DONNE. SEGUIRLE IL PIÙ VICINO POSSIBILE IN MODO CHE POSSANO ESPRIMERSI E AFFERMARE LA PROPRIA VERITÀ. IO INSEGU UN MISTERO, RICERCO UN’EMOZIONE”.

– PETER LINDBERGH

Culture - News - Event Peter Lindbergh
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©️ Peter Lindbergh Foundation, Paris ©️ Jeremy Brodbeck ©️ Stephen Kidd

Le frontiere del tempo sono abolite. Il viaggio può quindi cominciare, seguendo un percorso che si snoda in tre decenni, dal 1988 al 2018, e che riunisce un centinaio di immagini, per la maggior parte stampate per la prima volta con il suo laboratorio preferito. Percorrendo le sale prende vita un dialogo di intime corrispondenze tra le creazioni Dior, quelle di Christian Dior e dei Direttori Artistici che ne perpetuano visioni e valori, e quelle di Peter Lindbergh. Il visitatore viene trasportato nel mondo segreto di Dior, un “regno dei sogni” ispirato, guidato dalla natura e popolato di fiori, al quale Peter Lindbergh rende omaggio catturando per Vogue, nel 1997, la prima collezione di John Galliano per la Maison, nella quale abbondano corsetti perlati e motivi floreali dipinti o ricamati. “Il mio soggetto preferito sono le donne. Seguirle il più vicino possibile in modo che possano esprimersi e affermare la propria verità. Io inseguo un mistero, ricerco un’emozione”, diceva Peter Lindbergh. Una frase perfettamente in linea con il pensiero di Christian Dior.

L’intero lavoro di Lindbergh si basa sulla ricerca di questa vita abbagliante, questo senso del movimento che condivide con la coreografa Pina Bausch (1940-2009), sua compatriota e amica. Vi ritroviamo riferimenti alla storia dell’arte, in particolare ad Aristide Maillol, o al cinema espressionista degli anni ’20, promosso dai film muti di Fritz Lang, tra cui Metropolis (1927). Come possiamo, infatti, non vedere negli scatti di Lindbergh storie raccontate attraverso immagini silenziose che mettono sempre le donne in primo piano?

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© ADRIEN DIRAND, © PETER LINDBERGH FOUNDATION, PARIS

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E poi c’è il bianco e nero. Il suo utilizzo permette di rendere atemporali i soggetti trattati, di conferire loro una vivacità, una poesia e un’universalità senza tempo che attraversano i secoli. Come gli scatti documentaristici degli anni ’30 e ’40, in particolare quello di Dorothea Lange, con il quale ritroviamo una continuità di pensiero e di grazia nelle composizioni istantanee di Lindbergh. Tanti punti in comune con Christian Dior che disegnava, in bianco e nero, il volto delle sue modelle ancor prima di disegnarne l’abito e di applicare i colori, e che diceva: “Uno schizzo deve suggerire un’andatura, un’allure, un gesto; deve evocare una silhouette in movimento, deve già pulsare di vita”.

Peter Lindbergh trasformerà la rappresentazione delle donne andando contro gli stereotipi. Una donna, attraverso i suoi occhi, sarà sempre priva di artifici, libera e audace. Per lui l’età non sarà mai un freno, al contrario: la fragilità di un volto e di un corpo, su cui si esprimono i segni del tempo, ispira meravigliosamente il suo obiettivo. “Dovrebbe essere questa la responsabilità dei fotografi [...] liberare le donne [...] dal terrore della giovinezza e della perfezione”, amava ripetere. Così rende la bellezza naturale, autentica, forte e vulnerabile allo stesso tempo, il più vicino possibile alle emozioni reali, ad una connessione: “La foto non è quella della donna, ma quella del legame che hai con lei”.

A lui viene inoltre attribuita la nascita delle supermodelle, grazie alla copertina di British Vogue del gennaio 1990 che mostra, per la prima volta insieme, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Cindy Crawford, Tatjana Patitz e Christy Turlington. Per mettere in risalto quest’epoca leggendaria, la Galerie Dior presenta fotografie tratte da diverse serie mitiche, nonché – grazie al sostegno della Peter Lindbergh Foundation – pellicole e provini inediti, e persino macchine fotografiche, testimoni commoventi del lavoro di Peter Lindbergh

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© ADRIEN DIRAND, © PETER LINDBERGH FOUNDATION, PARIS

Magistrale e magnetico capolavoro di quest’affascinante percorso: un progetto appositamente immaginato dalla Maison, nel 2018, che offre al fotografo carta bianca per la concezione di un libro2. Peter Lindbergh propone quindi un’idea folle: immortalare nella “Big Apple”, a New York, e più precisamente a Times Square, ottanta modelli Dior emblematici. Così, le creazioni della Maison – da quelle di Christian Dior a quelle dei suoi successori: Yves Saint Laurent, Marc Bohan, Gianfranco Ferré, John Galliano, Raf Simon e Maria Grazia Chiuri – prendono vita nelle strade di New York. Un’odissea folgorante sotto il segno della spontaneità in questa città trepidante che Christian Dior ha amato fin dal primo sguardo: “Sulla punta della sua roccia, un’enorme città, la base ancora avvolta nell’oscurità, dalla quale sorgevano innumerevoli torri di Babele dalle cime già dorate dal sole... Trascorsi due giorni a New York in uno stato di perpetua meraviglia. L’aria elettrica che vi si respira mi tiene costantemente all’erta”.3 New York quindi, un luogo da sogno perfetto per dare corpo alle diverse creazioni della Maison e, ancor più, all’aura della femminilità contemporanea che le anima, riaffermata, a partire dalla linea Dior prêt-à-porter primavera-estate 2017 di Maria Grazia Chiuri e dalla sua iconica T-shirt dallo slogan impegnato, “We should all be feminists”.4 Sì, tutto è lì, tutto si interseca in un meraviglioso effetto specchio…

2 Dior/Lindbergh, di Peter Lindbergh. Cofanetto in due volumi, “New York” e “Archivi”, edizioni Taschen, 2019.
3 Christian Dior et moi, Christian Dior, Librairie Vuibert.
4 Una maglietta ispirata al saggio We Should All Be Feminists, di Chimamanda Ngozi Adichie, pubblicato da 4th Estate nel 2014.
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