MAYA GODED, 
L’IMPEGNO COME 
RAGION D’ESSERE

MAYA GODED È NATA A CITTÀ DEL MESSICO NEL 1967. L’OBIETTIVO CHE SI È DATA È MOSTRARE LA REALTÀ FEMMINILE IN MESSICO GRAZIE ALLA PROPRIA MACCHINA FOTOGRAFICA. VITTIME DI VIOLENZE E DISUGUAGLIANZE, LE MESSICANE SI SVELANO IN SCATTI INTENSI, IMMAGINI CHE SI TRASFORMANO, SIA PER LA FOTOGRAFA CHE PER LORO STESSE, IN UNO STRUMENTO DI LIBERAZIONE. DI BORIS BERGMANN.

Portrait Maya Goded © Andrea Tejeda K
Donne ritratte frontalmente, per strada, in piena luce. Oppure in casa, nel loro letto, con il viso nascosto o schermato dalla penombra. Sono anziane, adulte o ancora giovanissime. Allegre oppure tristi. Innamorate o nostalgiche. Sfiduciate oppure in rivolta. Nude o vestite. E talvolta addirittura morte.

Attraverso l’obiettivo di Maya Goded, le donne appaiono nella loro verità più cruda e assoluta. Senza trucchi né filtri. Allieva della mitica Graciela Iturbide, che le insegna direttamente sul campo la vita itinerante del vero fotografo, Maya Goded ama esplorare quelli che chiama “spazi di vulnerabilità”.

Con lei, la foto si fa creazione politica e atto di militanza. La sua ambizione è difendere lo spazio delle donne nella società messicana. Aiutarle a opporsi al patriarcato, alle ingiustizie, rivelando con le sue immagini gli aspetti più oscuri delle loro esistenze. E celebrando le loro lotte per la libertà. A Città del Messico, Maya Goded passa notti intere a La Soledad de la Merced, quartiere in cui le prostitute, vittime di criminali e clienti, cercano di sopravvivere nell’insicurezza più totale. La fotografa mostra senza artifici la loro quotidianità, le scene più tragiche delle loro vite, ma anche i momenti di gioia e di solidarietà.
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© Maya Goded

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© Maya Goded

In un Paese in cui l’oppressiva morale religiosa glorifica la figura della donna santa (madre perfetta oppure ragazza pura), Maya Goded vuole mostrare come la società produca anche esseri marginalizzati che nessuno tutela.

Uno dei suoi reportage più celebri, dal titolo Missing, racconta i rapimenti di ragazze da parte dei cartelli del la malavita e le tragiche conseguenze di tali sparizioni all’interno delle famiglie. Le sue fotografie diventano un modo per restituire la vita a queste ragazze e condannare un potere che le lascia del tutto indifese.

Nell’edizione 2011 del festival Les Rencontres d’Arles, altri suoi scatti si sono imposti all’attenzione del pubblico. Con la serie Land of Witches, Maya Goded parte alla scoperta delle streghe che abitano nelle campagne messicane. Eredi delle donne fuggite dall’Europa per salvarsi dalle persecuzioni e dall’intolleranza dell’Inquisizione, coltivano in particolare gli antichi saperi indigeni. Creature singolari, suscitano reazioni ambivalenti nei villaggi: sono interrogate e al tempo stesso temute, evitate e al tempo stesso rispettate…
Maya Goded ha intrecciato forti legami con la Maison Dior e la sua Direttrice artistica, Maria Grazia Chiuri. Per Dior Magazine, era già partita alla scoperta delle “escaramuzas”, le celebri cavallerizze messicane che avevano ispirato la collezione Dior Cruise 2019. Ed è sempre lei che ha ritratto gli abiti bianchi impreziositi da ricami femministi immaginati da Elina Chauvet per la performance al centro della sfilata Dior Cruise 2024. Su uno sfondo minimalista, alcune giovani messicane, con le braccia piene di fiori, guardano dritte nell’obiettivo. Poi posano insieme, in bianco e nero. Un modo sobrio e potente per magnificare sia l’abito che i messaggi di Elina Chauvet.

In ogni viaggio, in ogni ricerca, Maya Goded si immerge, anima e corpo, nel mondo femminile. Per conoscere gli stessi tormenti, le stesse speranze. Per percepire e subire, per svelare e liberare. E, attraverso la forza delle immagini, per sostenere le donne e amarle.
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© Maya Goded

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Portrait Maya Goded © Andrea Tejeda K
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